Introduzione

Una morbida collina affacciata sull’antico solco vallivo del Clanis, circondata da un’alternanza di aree boscose e pianure coltivate lungo la linea di confine umbro-toscana fra Chiusi e Castiglione del Lago; due sepolcri etruschi, casualmente scoperti a fine Ottocento e poi nuovamente perduti; pagine d’archivio ingiallite dal tempo che portano i segni di accurati tratti a matita; alcuni reperti salvati dall’oblio e custoditi presso il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, fra cui un pregevole casco in bronzo noto come “l’elmo di Paciano”. Questi sono gli elementi da cui ha preso le mosse il progetto TeCHe (Technologies for Cultural Heritage), frutto di una sinergia fra Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria e Visual Computing Laboratory di ISTI – CNR di Pisa, che ha permesso di restituire coerenza interpretativa e capacità espressiva alle complementari ma eterogenee componenti disperse di un passato in frammenti ricucibile attraverso la tecnologia.

Il contesto archeologico

Il fulcro dell’intervento è stato individuato in una piccola area sepolcrale in località Sigliano-Val di Fosso (Pg), cui si riferiscono i resoconti pubblicati nel 1880 dall’Ispettore agli Scavi e Monumenti dell’Umbria Mariano Guardabassi, e dal prussiano Wolfgang Helbig, inviato in Etruria dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica di Roma. La necropoli, risalente alla tarda età ellenistica, si inseriva in epoca antica nel distretto più produttivo e capillarmente popolato del vasto agro controllato dalla città di Chiusi, ed era composta da due ipogei scavati direttamente nel terreno caratteristico della zona, formato da una stratificazione di ghiaie e sabbie. La struttura, piuttosto semplice, consisteva in un’unica cella a pianta circolare, preceduta da uno stretto corridoio (dromos), ai lati del quale erano ricavate, nel caso della tomba I, due coppie di loculi sigillati da tegole in laterizio. Quest’ultima al momento della scoperta risultava ancora inviolata e fortunatamente completa dell’apparato funerario di urne e oggetti di corredo.

Il video

Nell'ambito degli obiettivi prioritari di progetto, è stato realizzato un video narrativo in computer animation contenente l’inquadramento geografico, le notizie sulle circostanze di ritrovamento e la ricostruzione digitale 3D dell’ipogeo I e dei suoi arredi mobili (urne cinerarie ed elementi di corredo, sia quelli conservati che quelli perduti). L'ultima sezione del video è dedicata all'oggetto di maggior rilevanza associato alla deposizione del fondatore del sepolcro. Si tratta del pregiatissimo elmo in bronzo di forma frigia, per il quale, tenuto conto dell'eccezionalità e del tenore artistico, è stata proposta una inedita veste restaurata. In questa pagina, maggiori informazioni tecniche sulla realizzazione del video.

Le urne

Quattro le deposizioni ad incinerazione che la tomba I ospitava: le iscrizioni incise sulle urne lapidee ricordano che tre dei defunti (due uomini, verosimilmente padre e figlio, e una donna, sposa di uno dei due) erano membri della influente gens chiusina dei Tetina. L’urnetta in terracotta policroma apparteneva invece ad un liberto di origini orientali, rispondente al nome di Zerapiu, che probabilmente rendeva servizio alla famiglia nella gestione della proprietà terriera. Tipologie seriali dei contenitori ed indicazioni epigrafiche corrispondono a caratteristiche tutto sommato omogenee diffuse in altri contesti funerari del territorio pertinente a Chiusi nel corso del II sec. a.C. I cloni digitali 3D dei cinerari, che si conservano presso il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia, possono essere visualizzati interattivamente nel browser usando i seguenti link:

L'elmo e il suo restauro virtuale

Sia nell’attività di studio che in quella di valorizzazione e comunicazione, una particolare attenzione è stata riservata, in virtù dell’importanza storica e del pregio artistico - ma anche di una marcata anomalia sistemica, geografica e cronologica rispetto al contesto di deposizione -, al prezioso elmo frigio integrato nel corredo che accompagnava la sepoltura del capofamiglia di Sigliano, come prestigioso simbolo gentilizio di virtus guerriera e gloria politico-sociale. Non è possibile escludere che il copricapo fosse associato ad altri elementi di una panoplia militare non più conservata. Raffinato prodotto di un atelier sud italico di IV sec. a.C., inizialmente rivestito di foglia d’oro, l’elmo è stato digitalizzato e fatto anche oggetto di un restauro virtuale, nell’intenzione di riproporre visivamente la fastosissima allure che contrassegnava l’arma in origine. Sono stati dunque ripristinati, con la lucentezza dell'oro, volumi e porzioni decorative mancanti del fregio, nonchè le paragnatidi perdute e gli attributi piumati, sontuose insegne di potere militare che un tempo avevano fregiato il capo di un valoroso guerriero. Il risultato è quello di una trasformazione radicale, per certi versi sorprendente, ma scientificamente accurata, supportata geometricamente dalla simmetria di molti dei decori, e archeologicamente da confronti puntuali con altri reperti reali e testimonianze iconografiche. Il manufatto, esposto anch’esso al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia, puo' essere esplorato nel 3D interattivo qui presentato, osservandolo sia allo stato attuale di conservazione, sia nel ripristino dell’aspetto antico compiuto grazie all’intervento di restauro virtuale.

Altri elementi di corredo

Gli oggetti di corredo che affiancavano le deposizioni del capofamiglia e del liberto, rispettivamente in associazione alla teca in travertino più grande e alla cassetta in terracotta, sono rappresentati da vasellame in ceramica, per lo più di taglia miniaturistica, e frammenti metallici tra cui alcuni relativi a strigili e vasetti, che riconducono per confronti tipologici a produzioni coeve riscontrabili nella stessa area. La lacuna di informazioni generata dallo smarrimento di questi materiali subito dopo l’epoca in cui furono riportati alla luce, è stata compensata dalla conservazione di due taccuini inediti di appunti presso gli archivi della Biblioteca Comunale Augusta di Perugia e dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, sulla scorta dei quali è stato possibile ottenere dati qualitativi e visuali molto più dettagliati delle notizie pubblicate nei report ufficiali.


Bibliografia


Credits

Coordinamento del progetto:

Responsabili del progetto:

Ringraziamenti

Questa attivita' e' stata parzialmente finanziata da:


Introduction

A gently sloping hill overlooking the valley that once was the river bed of the ancient Clanis, surrounded by woods and cultivated soils along the Umbria-Tuscany border, between Chiusi and Castiglione del Lago; two Etruscan tombs, discovered by chance in the late nineteenth century and then again lost; archival documents yellowed by time bearing the marks of careful pencil drawings; some artifacts rescued from oblivion and preserved in the National Archaeological Museum of Umbria, including a fine bronze helmet known as "the helmet of Paciano". The Teche Project (Technologies for Cultural Heritage) started from these very elements. This project is the result of a synergy between the Superintendence for Archaeological Heritage of Umbria and the Visual Computing Laboratory of ISTI-CNR, which succeeded in restoring the interpretative consistency and expressive ability of the heterogeneous but complementary fragments of a past identity now dispersed, but still re-settable back together through technology.

The archeological context

The focal point of the collaboration has been a small burial site in the area of Sigliano-Val di Fosso (Pg), referred by archeological reports published in 1880 by the Inspector of Excavations and Monuments of Umbria Mariano Guardabassi, and the German archeologist Wolfgang Helbig, sent in Etruria by the Institute of Archaeological Correspondence of Rome. The necropolis, dating back to the late Hellenistic period, was, in its early age, part of the most productive and widely populated district of the vast agrarian territory ruled by the polis of Chiusi, and was composed of two tombs dug directly into the characteristic soil of the area, formed by a layering of gravel and sands. The basic structure of the burials consisted of a single circular cell, preceded by a narrow corridor (dromos), on the sides of which were obtained, in the case of the tomb I, two pairs of burial niches, sealed by clay tiles. At the time of the discovery, this tomb was still inviolate and fortunately containing the whole apparatus of cinerary urns and grave goods

The video

Following the main goals of the project, it has been produced a narrative video using computer animation. The video presents the geographical context, the circumstances of the discovery, and the 3D digital reconstruction of the hypogean tomb I together with its content (urns and funerary equipment, both the items still preserved in the museum and the ones lost). The last section of the video is dedicated to the most interesting object assigned to the burial kit of the tomb founder: a magnificent bronze helmet of Phrygian form, for which, taking into account its exceptional nature and artistic value, it has been proposed as a new restored version. On this page, more technical information about the making of video.

The urns

Tomb I housed four depositions in ash-receptacles: the inscriptions engraved on the stone urns remember that three of the dead (two men, apparently father and son, and a woman, the wife of one of them) were members of the Tetina, an influential gens of Chiusi. The polychrome terracotta urn, conversely, belonged to a freed slave of oriental origins, named Zerapiu, who probably was at the service of the family in the management of land property. The serial-production containers and the epigraphic evidences present clear correspondences with features homogeneously spread throughout other funerary contexts found in the territory surrounding Chiusi dating back to the II century B.C. The 3D digital clones of the urns, which are preserved at the National Archaeological Museum of Umbria in Perugia, can be viewed interactively in the browser using the following links:

The helmet and its digital restoration

In both the study and in the valorization and dissemination activities, special attention has been given to the precious Phrygian helmet found in the burial equipment of the paterfamilias of Sigliano, prestigious symbol of martial valour and of social-political importance. This choice was made by virtue of its historical and artistic value, but also because it represent a marked systemic anomaly, with respect to the geographical and chronological context of deposition. It is not possible to exclude that the headgear was associated with other elements, in a military panoply no longer existing. Fine artifact of a South-Italic workshop of the IV century B.C., originally gilded with gold leaf, the helmet has been digitized and has also been the subject of a virtual restoration, with the intention to propose the luxurious appearance of the original armor. The missing volumes and portions of the decorative frieze were virtually restored, with the luster of gold, adding back also the lost cheekpieces and its ornamental feathers, sumptuous insignia of martial prowess once adorning the head of a valiant warrior. The final result is a radical transformation, in some ways surprising, but scientifically accurate, geometrically supported by the symmetry of many of the decorations, and archaeologically corroborated by close comparisons with other actual findings and iconographic references. The artifact, which is also in exhibition at the National Archaeological Museum of Umbria in Perugia, can be explored interactively in 3D here, observing both its actual state of conservation, and its reconstructed ancient appearance obtained thanks to the digital restoration.

Other elements from the tomb burial equipment

The grave goods that surrounded the depositions of the paterfamilias and the freed slave, respectively in association with the largest travertine urn and the terracotta urn, are represented by pottery vessels, mostly of miniature size, and metal elements, including some fragments related to strigils and jars, that lead to typological comparisons to contemporary productions known in the same area. The information gap created by the loss of these materials, immediately after the period of their un-earthing, has been overcome by the presence of two unpublished notebooks of excavation notes, found in the archives of the Biblioteca Comunale Augusta in Perugia and of the German Archaeological Institute in Rome; on the basis of these notebooks, it was possible to obtain qualitative data and visuals of the artefacts much more detailed than the ones communicated in the published official reports.


Bibliography


Credits

Project coordination:

Project management:

Thanks:

This activity has been partially financed by:



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